“un Piede Sano, non può che essere speciale…Sempre”

Come sono i miei piedi?

La pelle è intatta, rosa e liscia, morbida e negli uomini ricoperta di peli sul dorso e sulle gambe;

Le unghie non sono né troppo lunghe né troppo corte; al tatto, attraverso i piedi si percepisce il calore e la morbidezza delle mani.

I miei piedi sono sani!

Per mantenere questo stato di benessere come posso fare?

rispetta sempre i nostri consigli

I BIG 7

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In collaborazione con Centro di Riferimento Regionale per la Diagnosi e Cura del Piede Diabetico sede Sc Misem Ospedale Santa Maria della Misericordia di Perugia

INTRODUZIONE AL PIEDE DIABETICO

 

I progressi nella cura della malattia diabetica hanno portato ad un allungamento dell’aspettativa di vita delle persone con diabete mellito tanto è vero che le problematiche cliniche non sono più legate alla sopravvivenza ma alla gestione delle complicanze croniche del diabete, sia microangiopatiche (retinopatia, nefropatia, neuropatia) che macroangiopatiche (cardiopatia ischemica, cerebrovasculopatia, arteriopatia degli arti inferiori, arteriopatia dei tronchi sovra-aortici).

Tra le complicanze del diabete un ruolo sempre più rilevante assume la complicanza “Piede Diabetico”.

Il Piede Diabetico può essere considerato la complicanza delle complicanze in quanto si manifesta in pazienti che già presentano la neuropatia periferica e/o la vasculopatia, ed è responsabile ancora oggi del 50% di tutte le amputazioni non traumatiche agli ari inferiori.

Dalla letteratura emerge una stima di riduzione dell’incidenza delle amputazioni agli arti inferiori del 45% con la diffusione di ambulatori specializzati nella cura del piede diabetico e la costituzione di équipe multidisciplinari. Studi retrospettivi evidenziano come un’ulcera al piede preceda l’85% delle amputazioni nei soggetti con diabete mellito ed è stato stimato che i pazienti con ulcere agli arti inferiori hanno una mortalità doppia rispetto ai pazienti diabetici senza ulcera.

Il peso sociale ed economico del Piede Diabetico può essere ridotto attraverso l’individuazione precoce di soggetti a rischio di sviluppare un’ulcera. La possibilità di attuare programmi di prevenzione è legata alla scelta di tecniche di screening efficaci e cioè sensibili e ripetibili.

La prevenzione può essere attuata in tanti modi ed uno di questi passa attraverso le Associazioni di Pazienti e di volontari.

L’associazione di volontariato nasce con un’idea, un compito, una missione di supporto attivo ad altre persone in condizioni di difficoltà. L’associazione Piede Diabetico Umbria è nata proprio con l’obiettivo di diffondere la cultura del Piede Diabetico presso tutta la popolazione, non solo quella diabetica. Questo obiettivo trova riscontro nella difficoltà che ancora oggi si incontra, anche negli operatori sanitari, di dare un giusto valore ai piedi, soprattutto dei pazienti con diabete. Sicuramente l’importante progresso in campo terapeutico rende il diabete una patologia meno temuta di un tempo eppure le sue complicanze la rendono ancora pericolosa, poiché si possono manifestare qualora non si ottenga un buon controllo metabolico.

Questo contributo vuole offrire a volontari e non dell’Associazione Regionale di Volontariato Piede Diabetico Umbria la possibilità di conoscere meglio questa patologia ed allo stesso tempo approfondire alcuni elementi educativi che risultano sempre più strategici al fine di supportare pazienti e familiari nell’acquisizione di comportamenti preventivi.

IL PIEDE DIABETICO

Dr.ssa Cristiana Vermigli, Dr Simone Casucci



1.1 Che cosa è il Piede Diabetico

 

Il Piede Diabetico può essere considerata la complicanza delle complicanze del Diabete Mellito, è infatti una patologia che colpisce le estremità inferiori del nostro corpo ed è il risultato di una alterazione della circolazione del sangue e delle sensibilità. Dopo molti anni dalla diagnosi di diabete, soprattutto se non ben controllato, si può verificare una diminuzione del flusso arterioso ai piedi, viene cioè a mancare il nutrimento che attraverso il sangue permette alle nostre cellule di mantenersi vitali. Accade, infatti, che quando all’iperglicemia (eccessiva presenza di zuccheri nel sangue) si sommano altri fattori di rischio quali il fumo, l’obesità, la sedentarietà, l’aumento dei grassi nel sangue, le nostre arterie (i tubi che dal cuore portano il sangue a tutto il corpo) cominciano ad “incrostarsi” a restringere il lume fino ad occludersi ed a interrompere il nutrimento. I piedi di persone con arteriopatia (cioè con le arterie parzialmente occluse) appaiono più pallidi, freddi, con diminuzione-assenza dei peli, con alterazione delle unghie e con zone di arrossamento nelle aree di frizione con la calzatura. Questa condizione clinica comporta un aumentato rischio di ulcerazione, cioè di ferite che se non adeguatamente trattate si possono complicare con infezione e determinare una gangrena. Se poi accanto alla diminuzione di sangue ai piedi vi è anche una neuropatia, cioè una diminuzione della sensibilità (termica dolorifica e tattile), i piedi sono ancora di più a rischio. La neuropatia è una complicanza del diabete che comporta una alterazione delle sensibilità al caldo, al freddo, al dolore. I nervi infatti si comportano come i fili della corrente e portano le informazioni dal cervello alla periferia e da essa al cervello. Quando questa comunicazione si interrompe, cioè i fili non sono più in grado di trasmettere la corrente, accade che i pazienti non percepiscano più i sistemi di allarme e di auto protezione. In questa situazione può risultare più facile ferirsi accidentalmente, scottarsi con acqua calda, utilizzare scarpe troppo strette, camminare con corpi estranei all’interno delle calzature.

La definizione che ne dà il Documento di Consenso Internazionale del Piede Diabetico (1), già dalla prima realizzazione del 1999, è appunto “una condizione di infezione, ulcerazione e/o distruzione di tessuti profondi associate ad anomalie neurologiche e a vari gradi di vasculopatia periferica degli arti inferiori “ (secondo i criteri dell’OMS). Il gruppo di esperti italiano nel 2003 ha proposto la definizione che segue: “Piede con alterazioni anatomo-funzionali determinate dall’arteriopatia occlusiva periferica e/o dalla neuropatia diabetica”, ponendo l’attenzione anche a tutti quei soggetti che pur non avendo ancora sviluppato una lesione sono a rischio di ulcerazione. Da ciò si evince la complessità clinica di tale sindrome che proprio per la sua eziopatogenesi multifattoriale può giustamente essere considerata la complicanza delle complicanze del diabete mellito.

 

1.2 I numeri del problema

In un importante editoriale uscito su Lancet (2), proprio in occasione della giornata mondiale del Piede Diabetico nel 2005, si pone l’attenzione sull’impatto sociale ed economico che ha tale complicanza, essendo la causa principale di amputazioni non traumatiche agli arti inferiori nel mondo. Si calcola che ogni giorno ogni 30 secondi una gamba viene persa a causa del diabete in qualche parte del nostro pianeta; in altre parole, ogni anno, vengono effettuate più di un milione di amputazioni correlate al diabete. L’amputazione che è l’esito finale di una sequela di eventi che vedono nell’ulcerazione la causa principale, porta ad un elevato grado di invalidità con costi assistenziali e sociali enormi diretti ed indiretti, oltre ad avere un impatto devastante sulla qualità di vita dei pazienti. Il Piede Diabetico ha un notevole impatto in termini clinici, economici, sociali e ultimo, ma non per importanza, sulla qualità della vita dei pazienti e dei familiari. La prevalenza delle complicanze agli arti inferiori nei pazienti diabetici è molto elevata: circa il 50% dei pazienti con lunga durata di diabete sviluppa polineuropatia periferica, il 20% dei pazienti presenta una macroangiopatia già alla diagnosi di diabete, percentuale che sale al 60% dopo 20 anni di malattia. Il 15%-25% dei pazienti sviluppa ulcere al piede almeno una volta nel corso della propria vita e la prevalenza di lesioni attive in una popolazione di diabetici è di circa il 5%.

 

Peso sociale del piede diabetico

 

Costi diretti sanitari:

 

Cure ambulatoriali ed ospedaliere

Costi conseguenti all’intervento di amputazione (protesi, riabilitazione fisica e psicologica)

 

Costi diretti non sanitari:

 Sono quelli sostenuti dal paziente e dai suoi familiari come ad es. i costi relativi ai trasporti per accedere alla cura/riabilitazione ed i costi relativi all’assistenza prestata ai familiari (assistenza informale).

 

Costi indiretti:

Mancata produttività del paziente e dei familiari per assenza per malattia, pensionamenti precoci e mortalità prematura

 

Costi intangibili:

Effetto dell’amputazione sul benessere psicofisico del paziente ovvero l’impatto sulla qualità di vita, il disagio della famiglia…

 

Per ridurre i costi bisogna agire su quattro elementi:

 

1-      prevenire l’ulcera

2-      ridurre i tempi di guarigione

3-      evitare la comparsa di complicanze infettive

4-      ridurre al minimo il ricorso alle amputazioni

 

            Esistono vari studi che dimostrano come l’organizzazione di servizi dedicati alla cura del piede strutturati in un’ottica multidisciplinare, riduca in maniera significativa l’insorgenza delle lesioni. In questo contesto la multidisciplinarietà prevede il ruolo fondamentale dell’Infermiere Professionale esperto nella cura delle ulcere, del Podologo, del Diabetologo che coordina sia il team “nucleare” sia l’Equipe allargata con il coinvolgimento fondamentale degli altri medici Specialisti ( Chirurgo vascolare, Chirurgo Ortopedico, Radiologo Interventista, Medico Radiologo, Chirurgo Plastico, Infettivologo, Microbiologo, Dermatologo, Tecnico Ortopedico, Fisioterapista, etc…), al fine di ottimizzare i percorsi terapeutici riabilitativi e garantire così appropriatezza e tempestività di risposta.                  

Tutto ciò è fondamentale soprattutto quando si è già instaurata una lesione per attuare tutta una serie di strategie al fine di ridurre i tempi di guarigione: ci sono studi che dimostrano come la rivascolarizzazione con PTA (angioplastica) o Bypass garantisca il salvataggio d’arto nei pazienti con piede ischemico, così come lo scarico con gesso e/o tutore per le ulcere neuropatiche ed una terapia antibiotica mirata.

            Il costo diretto complessivo per la guarigione di un’ulcera infetta, ma che non richieda amputazione, è stato stimato pari a circa 17.500 dollari (1998), pertanto qualunque strategia che permetta di abbattere il numero di ulcere infette porterà ad un risparmio notevole.

            La riduzione globale delle amputazioni maggiori è l’obiettivo più importante da raggiungere e per questo motivo è stata sviluppata nella comunità diabetologica italiana una rete ampia di strutture organizzate per la cura del piede, anche se in maniera diversificata nelle varie regioni d’Italia.

 

1.3       Le linee guida per il Piede Diabetico

 

Il Documento di Consenso Internazionale sul Piede Diabetico, che dal 1999 ha conosciuto ben quattro edizioni aggiornate (l’ultima delle quali del 2010), è stato redatto da un gruppo di esperti internazionale con il contributo del Gruppo di Studio Nazionale sul Piede Diabetico, gruppo interassociativo delle due società Italiane (SID E AMD) e rappresenta la fonte più autorevole per tutti gli operatori sanitari coinvolti nella gestione di questa temibile complicanza.

 

 

1.4 Le manifestazioni cliniche del piede diabetico

 L’ulcera è la manifestazione clinica che precede l’amputazione nell’84% dei casi e può avere caratteristiche diverse, a seconda della predominante componente ischemica o neuropatica (somatica ed autonomica) e del grado di infezione che contribuisce a peggiorare il quadro locale.

L’ulcera plantare neuropatica, o mal perforante plantare, è tipicamente circondata da un orletto calloso, non provoca generalmente dolore e si estende in maniera variabile nei tessuti sottostanti la cute; è localizzata in aree del piede dove vi è un incremento del carico pressorio come sotto le teste metatarsali, all’apice delle dita ad artiglio o a martello o in altre zone di iperpressione come il mesopiede nel piede di Charcot (che è una complicanza che porta a notevoli deformità del piede). Questo tipo di ulcera è conseguenza di un trauma meccanico ripetuto su queste zone ad elevata pressione in un piede deforme a causa della neuropatia motoria e con ridotta o assente sensibilità al dolore a causa della contemporanea presenza di neuropatia sensitiva periferica; il piede si presenta caldo, con vene turgide ed evidenti sul dorso per la componente autonomica della neuropatia.

La normale risposta della cute al trauma ripetuto è la formazione dell’ipercheratosi (callo) che aumenta ulteriormente le pressioni plantari, con la possibilità che al di sotto di essa si formino zone di necrosi tissutale per autolisi infiammatoria ed ematomi subcheratosici. A questo primo stadio può far seguito, per il persistere della deambulazione, l’apertura all’esterno della cavità e quindi la formazione dell’ulcera. Ma va ricordato che lo stress meccanico ed i traumatismi ad esso relati producono effetti diversi a seconda se ci troviamo di fronte ad un piede neuropatico o ischemico.

Nel caso del piede ischemico, infatti, è il ridotto apporto ematico arterioso a rendere particolarmente suscettibile la cute ad eventuali lesioni in risposta anche a piccoli traumi; in questo caso la cute non ha il tempo di difendersi con la formazione di callo e si ulcera prima.

            Ne consegue che l’ulcera ischemica è invece caratterizzata dall’assenza di ipercheratosi perilesionale; è localizzata in qualunque parte del piede sottoposta a frizione con la scarpa o sottoposta ad altra causa lesiva (taglio dell’unghia non idoneo etc…), in un piede che si presenta pallido, freddo con cute sottile, atrofica; non è raro che siano già evidenti zone di necrosi o gangrena alle dita.

            Da un punto di vista patogenetico, volendo schematizzare ulteriormente, possiamo suddividere il trauma che determina lo sviluppo dell’ulcera in tre tipologie:

-trauma meccanico

-trauma chimico (agenti lesivi)

-trauma termico (da caldo o da freddo)

           

            Lo stress meccanico conseguente alle forze applicate a tessuti viventi, come accennato in precedenza, è proprio l’oggetto di studio della “Biomeccanica” le cui valutazioni e considerazioni sono molto importanti in tutte le tre fasi di cura del piede diabetico:

1-prevenzione primaria

2-guarigione delle ulcere

3-prevenzione delle recidive

                       

In particolare i fattori che contribuiscono ad un’anormale pressione del piede (trauma meccanico) si possono suddividere in:

 

Fattori intrinseciFattori estrinseci e comportamentali
Prominenze osseeCalzature inadeguate
Limitata mobilità articolareCamminare a piedi nudi
Deformità articolariCadute e collusioni
IpercheratosiCorpi estranei nelle scarpe
Alterate caratteristiche dei tessutiLivello di attività
Pregresso intervento chirurgico del piede 
Articolazioni neuro-osteoartropatiche 

 

La terapia

La diagnosi differenziale tra un’ulcera neuropatica e ischemica è di fondamentale importanza in quanto permette di instaurare la terapia idonea alla guarigione. In particolare, in presenza di lesioni attive è stato ampiamente dimostrato come le scarpe non guariscono le ulcere, ma è soltanto attraverso uno scarico totale con l’immobilizzazione del paziente o l’uso di gessi in fibra di vetro, che si possono ottenere tempi di guarigione più rapidi. In casi selezionati, laddove non è possibile confezionare un apparecchio di scarico in gesso per la presenza di amputazione controlaterale, di cecità, di difficoltà a mantenere la stazione eretta (esiti di ischemia cerebrale etc..), di obesità medio/grave (BMI>33%) si può optare per tutori gamba-piede o calzature terapeutiche temporanee. L’ulcera ischemica presuppone un intervento di rivascolarizzazione sia esso endoluminare (angioplastica, stent, endoarterectomia etc..) o chirurgico (by-pass), che ripristini la perfusione arteriosa dell’arto, altrimenti nessuna azione locale o sistemica avrà successo.

Se poi è vero che un regolare esercizio fisico rappresenta uno dei trattamenti non farmacologici più raccomandati per il controllo del diabete in generale e dell’arteriopatia agli arti inferiori in particolare, è anche vero che il trauma da calzatura rappresenta la causa principale di insorgenza di una lesione ulcerativa nel piede diabetico a rischio.

 Nel caso di condizioni di rischio elevato, così come in fase di prevenzione delle recidive, le ortesi plantari devono essere necessariamente realizzate su calco, essere multistrato ed associate all’uso di calzature con suola rigida a dondolo. Un certo numero di studi ha dimostrato che quando disponibile, la scarpa protettiva è in grado di prevenire la recidiva di ulcere nel 60-80% dei pazienti. Tuttavia i dati sull’efficacia delle calzature nei pazienti diabetici sono scarsi e sono necessari ulteriori studi prospettici randomizzati caso/controllo, al fine di identificare per ciascuna condizione clinica la miglior opzione terapeutica. E’ inoltre fondamentale sottolineare come la strategia terapeutica, sia in prevenzione primaria che secondaria, deve prevedere l’attivo coinvolgimento del paziente che dovrà essere informato ed educato sulla scelta ed il corretto uso delle ortesi.  

 

1.6 Il trattamento locale dell’ulcera

Il trattamento topico di un’ulcera è soltanto una parte dell’approccio globale a tale complicanza che come abbiamo sottolineato non può prescindere dalla rimozione della causa che l’ha provocata (infezione, ipercarico e traumi ripetuti ischemia e ipossia). L’infezione comporta un cambiamento nei livelli di proteasi e citochine con un aumento del tessuto danneggiato; una costante ed elevata pressione plantare comporta ipercarico e traumi meccanici ripetuti sul tessuto di granulazione e sui cheratinociti; l’ipossia conseguente all’ischemia stimola la proliferazione dei fibroblasti e la secrezione da parte dei macrofagi di fattori angiogenetici (TGFB, PDGF, VEFG, endotelina 1), ma la scarsa concentrazione di ossigeno molecolare ostacola la formazione dei ponti tra le strutture triplanari del collagene. Le ulcere del piede diabetico, pertanto, sono ulcere croniche in cui per definizione non si realizzano i normali processi di riparazione tessutale caratteristici delle lesioni acute: emostasi e fase infiammatoria, fase proliferativa-angiogenesi e fase di riparazione e rimodellamento.

Gli aspetti fisiopatologici che caratterizzano le lesioni croniche non sono completamente chiariti, ma in queste si osserva una prolungata fase infiammatoria, un alterato rimodellamento della matrice extracellulare ed un congelamento nella fase proliferativa con conseguente impossibilità a raggiungere la riepitelizzazione in meno di 6 mesi, termine oltre il quale si definisce appunto come cronica un’ulcera.

Il corretto approccio metodologico alle lesioni del piede diabetico prevede tre fasi distinte:

la detersione

la sterilizzazione

la stimolazione alla riparazione tissutale

 

La detersione prevede la rimozione di tutto il tessuto necrotico e non vitale, fibrina ed essudato, dal letto dell’ulcera, e può essere eseguita attraverso varie metodiche: la detersione chirurgica è il trattamento elettivo, ma quando non è possibile rimuovere tutto il materiale attraverso l’uso di bisturi o pinze vanno considerati altri approcci quali:

-detersione per autolisi che promuove l’uso di enzimi del corpo del paziente facilitando tale processo attraverso la creazione di un ambiente umido,

-detersione chimica attraverso l’uso di antisettici quali iodio, sodio ipoclorito etc..

-detersione enzimatica con collagenasi, fibrinolisina, deossiribonucleasi etc…

-detersione osmotica con alginato di Ca, idrocolloidi, etc..

-detersione biochirurgica con larve derivate da Lucilia Sericata

-detersione meccanica con garza asciutta, irrigazione ad alta pressione, idroterapia a vortice d’acqua, ultrasuoni etc.

Un’importante ruolo lo svolge l’applicazione di apparecchi a pressione negativa che agendo direttamente ed in maniera continuativa svolgono un’azione di debridment e di stimolazione del tessuto di proliferazione.

La sterilizzazione prevede l’eradicazione dell’infezione locale e sistemica. Esistono numerose medicazioni studiate allo scopo di abbreviare i tempi di guarigione e di semplificare la gestione dell’ulcera; non esiste una medicazione ideale adatta a tutte le ulcere perché sono diverse le condizioni che determnano la lesione stessa. E’ necessario scegliere le medicazioni in funzione dello stato e della tipologia dell’ulcera ed in funzione di ciò che vogliamo ottenere: detersione, controllo dell’essudato etc…

La stimolazione alla riparazione tissutale si avvale di numerosi prodotti (fattori di crescita, cute bioingegnerizzata, terapia genica, terapia con cellule staminali etc…). Molte di queste strategie terapeutiche pur avvalendosi di valide basi teoriche necessitano di ulteriori evidenze in letteratura con specifici studi randomizzati e controllati.